Negli ultimi decenni, l’industria ittica ha registrato una crescita costante, spinta dalla crescente domanda globale di prodotti alimentari dal mare. Il consumo pro capite di pesce è aumentato e questa tendenza, se da un lato testimonia l’importanza crescente del pesce nella dieta globale, dall’altro evidenzia un impatto ambientale non trascurabile, in particolare per quanto riguarda l’inquinamento delle risorse idriche.
Oltre alla pesca tradizionale, anche l’acquacoltura – l’allevamento controllato di pesci, molluschi e crostacei – ha conosciuto una rapida espansione, provocando un’ulteriore pressione sull’ambiente.
C’è dunque un tema di sostenibilità dell’industria ittica e da un duplice punto di vista: non solo, insomma, la conservazione delle specie e le modalità di allevamento dei pesci, ma anche la tutela dell’acqua dolce e salata, a rischio per molteplici fattori. L’industria di trasformazione dei prodotti ittici e l’acquacoltura sono caratterizzati infatti da processi di lavorazione intensi, che richiedono l’impiego di grandi volumi di acqua e generano reflui altamente contaminati.
Impronta idrica e inquinamento
Una prima forte criticità ambientale è il consumo di acqua. Infatti, le fasi di trasformazione della materia prima (surgelazione, salatura, essicazione e affumicatura) vengono fatte spesso in prossimità di bacini idrici e richiedono diversi metri cubi d’acqua per ogni tonnellata di pesce lavorato. Se la pesca richiede molta acqua soprattutto nelle fasi di lavorazione, l’acquacoltura dipende da grandi quantità di acqua anche per la gestione e il ricambio delle vasche.
C’è inoltre un importante rischio di inquinamento. Le acque reflue prodotte dai processi industriali contengono una vasta gamma di inquinanti, come:
> composti organici,
> metalli pesanti, talvolta presenti per effetto delle attrezzature o dei trattamenti impiegati;
> contaminanti biologici, tra cui batteri;
> azoto ammoniacale, particolarmente dannoso perché causa l’eutrofizzazione delle acque: la proliferazione di alghe e piante acquatiche, che riduce la disponibilità di ossigeno e compromette la biodiversità.
Impatto dell’industria ittica sull’acqua: quali soluzioni
Il consumo di pesce è un fattore importante per una dieta sana ed equilibrata. La pesca sostenibile e l’acquacoltura possono svolgere un ruolo importante per venire incontro all’aumento del fabbisogno con una produzione rispettosa dell’ambiente. È dunque indispensabile un approccio consapevole che può trovare nella tecnologia un alleato prezioso per ridurre l’impronta idrica:
> Sistemi chiusi, di ricircolo e di riciclo dell’acqua per le colture e per le lavorazioni.
> Macchinari per le lavorazioni che funzionano con consumi d’acqua ridotti
> Impianti di trattamento e depurazione degli scarichi per separare le sostanze organiche, depurare da sostanze come i metalli e per rimuovere componenti come alghe e azoto ammoniacale.
C’è inoltre una sfida a livello comunicativo e commerciale. Se l’impronta idrica diventa un elemento riconoscibile nei fattori di sostenibilità dei prodotti, si può innescare un circolo virtuoso tra il produttore e il consumatore con reciproco beneficio ed effetti positivi sul rispetto dell’acqua, quale bene comune fondamentale.