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La siccità e il ruolo della depurazione delle acque

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siccità e riuso dell’acqua

La siccità è un fatto che vediamo dolorosamente rappresentato in questa estate 2022 nello stato dei nostri fiumi e laghi. Il nostro maggiore fiume, il Po, è ai minimi storici, con livelli che non toccava da 70 anni e al di sotto della soglia di sicurezza per la sopravvivenza e la salute dell’ecosistema del Delta. Il lago Maggiore è al 30% della sua portata, quello di Como al 50% della quantità d’acqua in afflusso.
Ma la crisi idrica non è solo un problema di siccità, che peraltro si trascina ormai in un trend costante, non certo relegato all’estate 2022. Al cambiamento climatico si sommano gravi problemi di ammodernamento e adeguamento delle infrastrutture idriche, problemi che ostacolano una politica integrata e di gestione circolare dell’acqua. Se il PNRR stanzia risorse per far fronte all’emergenza, si deve di fatto impostare un nuovo corso di tutela della risorsa e sfruttamento sostenibile. E la società civile – persone e aziende – è chiamata a fare la sua parte.

La crisi idrica: strutture vecchie o non sufficienti

Se la crisi idrica è causata dal cambiamento climatico – con i fenomeni ormai comuni di lunghe assenze di pioggia alternate a fenomeni estremi – l’emergenza è aggravata dal dissesto in cui versano le nostre strutture e infrastrutture.

Un dato che viene spesso riportato, e che in effetti è davvero sorprendete nella sua gravità, è quello della dispersione d’acqua nella rete idrica: nei capoluoghi di provincia, il 36,2% dell’acqua immessa in rete si disperde. Ogni giorno cioè si perdono 41 metri cubi d’acqua per ogni km di rete (fonte ISTAT).

A fronte di settori che causano un forte sfruttamento dell’acqua prelevata, primo fra tutti l’agricoltura che da sola ne usa la metà, non si è diffusa nel tempo una cultura del riuso dell’acqua. E sono anche le infrastrutture a mancare.

L’Italia è stata oggetto di procedure di infrazione da parte dell’Europa per l’inadeguatezza di scarichi e fogne; lo scorso ottobre 2021 l’Italia è stata condannata per la carenza di impianti di trattamento delle acque reflue, scaricate in zone naturali.

Se la situazione è grave in sé, lo è anche perché misura la distanza da quanto invece dovrebbe essere fatto, non solo per sfruttare razionalmente la risorsa, ma anche per risparmiarla. Insomma, se nemmeno la depuriamo correttamente e adeguatamente, come possiamo pensare di farne un uso circolare su larga scala?

Le misure del PNRR

Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, nel capitolo “Tutela del territorio e della risorsa idrica”, stanzia 4 miliardi per la “gestione sostenibile delle risorse idriche” e per “il miglioramento della qualità” delle acque, con differenti impegni di spesa per le varie voci, tra cui sicurezza, riduzione delle perdite, migliore gestione dell’agrosistema irriguo, fognature e depurazione. Alla scadenza del bando al Mims su 900 milioni stanziati, sono arrivate proposte per oltre 2 miliardi di euro. Segno che l’emergenza è grande e che serve davvero un cambio di passo.

Siccità, cosa fare? Il riuso dell’acqua

Tutelare la risorsa, allora, vuol dire anche potere riutilizzare l’acqua per ridurre il prelievo. La depurazione in questo gioca un ruolo chiave, anche se ci sono altri fattori importanti a incidere come quello della distribuzione e dei costi.
Depurare secondo precisi standard di sicurezza l’acqua reflua per reimpiegarla è una soluzione che può portare a un grande risparmio.
Nel settore industriale il riuso dell’acqua per scopi produttivi è anche un valore per l’azienda, oltre che un’opportunità di risparmio.
In agricoltura molto si potrebbe fare. Secondo Ref ricerche, si potrebbe coprire il 45% della richiesta d’acqua per l’irrigazione con circa 5 miliardi di metri cubi di acqua depurata. Ma al momento si utilizza solo un 4% delle acque reflue depurate, sul 20% potenzialmente già utilizzabile.
Gli ostacoli sono anche economici: sembra preferibile sostenere il costo del prelievo d’acqua che investire per riutilizzarla, con un problema anche di ripartizione di questi costi.
L’Europa d’altra parte ci impone di fissare le regole e le modalità del riuso in agricoltura entro l’estate 2023, ma anche su questo versante l’iter nazionale è cominciato da poco.

Il ruolo della società civile nella crisi idrica

Di fronte a questi scenari dove le scelte strategiche del Paese sono così importanti, anche la società civile gioca un ruolo chiave di indirizzo, opinione e azione, attraverso le scelte e i comportamenti individuali e comunitari. Sta alle aziende promuovere usi sostenibili e responsabili dell’acqua, comprendendo a fondo il peso di immagine ed economico del trattare l’acqua per scopri produttivi come un vero valore. E sta alle persone nella loro quotidianità comprendere come sia indispensabile un approccio sostanzialmente diverso all’uso dell’acqua: dall’adozione collettiva di comportamenti responsabili nasce un vero risparmio, ma soprattutto un vero cambio di mentalità indispensabile per strutturare una nuova modalità di uso e di tutela del nostro bene più prezioso.